Ci sono porte che una volta attraversate aprono un mondo che va oltre i risicati metri quadri di una stanza. Una di queste porticciole quasi magiche si trova nel Ghetto di Roma, non lontano dalla fermata del mitico tram 8 (che letto tramotto si ricorda meglio). Scendi dal tram sennò non puoi raggiungere le signore di Boccione. Arriva al Ghetto e lancia un’occhiata non furtiva a quell'angolo.
Spesso quella porta la si riconosce per una fila che procede spedita e paziente. A conferma di tale dedizione popolare, la vetrina dopo una certa ora tende a diventare irriconoscibile, svuotata delle sue crostate. E sebbene si capisca subito di essere in una pasticceria, si sentono parole come "pizza". Ci sono poi periodi nefasti dell'anno quando gli amanti delle crostate di visciole rimangono letteralmente a bocca asciutta. Non è una pasticceria comune, pur essendo conosciuta e frequentata da gran parte di quelli che mettono piede a Roma anche solo per una volta.
La parola
Boccione vuol dire solo una cosa: il
forno del Ghetto, forno kosher. Potrei decantarti per ore le crostate di visciole (oops già mi ripeto) o la pizza ebraica. Ma credo che sarò più convincente raccontandoti che...
Che ho scoperto l'
esistenza della pizza ebraica (o pizza di beridde) solo dopo una settimana che mi ero trasferita a Roma. E tutto per colpa delle suorine dove alloggiavo. Non che io sia uno stinco di santa ma il caso volle che cadesse la settimana della cultura ebraica. E quello stesso caso volle che le suorine mi portassero prima a visitare la sinagoga e poi diritte, dirette e silenziose verso Boccione. Mi diedero un sacchetto bianco, senza nomi o scritte e l'aprii. Canditi, uvetta, un po' di impasto, quasi un'essenza concentrata di panettone. Ma chiaramente kosher e chiaramente romano e per fortuna nostra senza stagioni. E' un dolce che affonda dolcemente le sue radici, si dice, nel 16° secolo, che non è nato a Roma pur essendosi stabilito bene qui.
Poi arrivarono le amiche a trovarmi a Roma. Non trovai nulla di meglio da fare che portarle dalle signore Boccione. Era un mattino soleggiato. Se ricordo bene era un primo maggio, quindi giornata problematica per muoversi a Roma. Tanto valeva prendersi la vita con comodo. Una bella colazione. Eravamo tre non ancora trentenni che uscivamo dalla pasticceria Boccione con una
crostata di ricotta e cioccolato. Scendemmo al biondo Tevere e colazione fu. E’ rimasta negli annali della nostra amicizia, merito anche del sole che baciò quella colazione al sacco.
Ma le storie che ruotano attorno alle signore Boccione sono molte. E non a caso persino
Saveur ha sentito il bisogno di raccontarlo.
Grazilla Limentani è la matriarca. Se corri al Ghetto ancora la trovi e l'ultima volta sono riuscita anche a strapparle un sorriso. Chissà se è perché ero felice di accaparrarmi uno degli ultimi pezzi di pizza, seppure ero pronta a non disdegnare i biscottini rotondi con mandorle, cacao e cannella. Mi sarei accontentata, ma, diciamoci la verità,
Boccione per me è pizza. Anche se per la festività di Purim c'è anche il tortolicchio o per Pesach, dove non si trovano i dolci lievitati, ci sono le ciambellette e le pizzarelle col miele.Insomma, è difficile uscire insoddisfatti da quella porta.
Non rimane che andarle a trovare e ritrovare le signore di Boccione. Chi viene?
Forno Boccione
Via del Portico D'Ottavia, 1
Telefono: 066878637