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Calcio e scaramanzia: quando i riti propiziatori valgono una vittoria

DI: Paola Palumbo |6 giu 2014
Calcio e scaramanzia: quando i riti propiziatori valgono una vittoria

Riti propiziatori, polpi indovini, santini e talismani vari… sembra che la febbre da Mondiali metta in circolo un virus letale chiamato scaramanzia. Di fronte all’assenza di certezze l’irrazionalità prende il sopravvento e improvvisamente sentiamo il bisogno di dimenticare quel senso di concretezza che contraddistingue la nostra quotidianità. Perché di fatto i Mondiali di calcio fanno questo: proiettano tifosi e calciatori in una dimensione parallela dove per poter vincere una partita può bastare privarsi del piatto preferito o fare sesso sfrenato con la propria compagna. Ebbene sì, ecco citati due dei mille riti scaramantici che siamo in grado di mettere in atto in nome della vittoria. C’è chi prega, chi indossa la stessa maglietta di 4 anni fa e chi sperpera i suoi risparmi affidandosi a Paul, il celeberrimo polpo (ormai defunto) che nel 2010 riuscì a tenere tutti col fiato sospeso.

occhio malocchio prezzemolo e finocchio

Ma come facciamo a non accettare queste piccole debolezze se Trapattoni si affida a una boccetta di acqua santa e Carlo Ancelotti a un rosario? E fin qui niente di speciale perché per molti calciatori scaramanzia fa rima con fantasia (o bizzarria). Basti pensare a Pelè che, dopo aver regalato ad un tifoso la sua maglia, non riuscì più giocare nello stesso modo tanto da arrivare a chiedere al fan di restituirgliela; oppure a Maradona che andava a bordo campo con tutta la squadra, salutava i tifosi, si faceva fotografare con un membro dello staff tecnico, telefonava alle figlie Dalma e Giannina e si faceva portare una copia del giornale di 24 anni prima, quella che celebrava il titolo mondiale vinto dalla sua Argentina.

trapattoni scaramantico

Il record però spetta al portiere scozzese Alan Rough, che prima di entrare in campo eseguiva nell’ordine i seguenti riti

  1. non radersi prima della gara;
  2. non dimenticare l’anello portachiavi a forma di cardo;
  3. portare in campo una vecchia pallina da tennis;
  4. mettersi in tasca una scarpetta da calcio in miniatura;
  5. portare una piccola maglia a forma di stella;
  6. usare sempre il gancio numero 13 negli spogliatoi;
  7. indossare la maglia numero 11 sotto la numero 1;
  8. far rimbalzare tre volte il pallone nel corridoio che porta al terreno di gioco;
  9. calciare il pallone nella rete vuota;
  10. soffiarsi il naso più volte possibile durante la gara.
maradona scaramanzia

E dopo un decalogo che “forse” ci fa pensare più alla mania possiamo arrivare alla conclusione che essere un po’ scaramantici è sano e non disdicevole anche perché, come direbbe Eduardo de Filippo, “scaramanzia sarà pure da ignoranti, ma non esserlo porta male”.

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[N.d.R. In cerca di amuleti da ergere a nuovi feticci scaramantici per seguire le partite della vostra squadra del cuore? Qui, forse, la soluzione ai vostri dilemmi: basta cercare bene!]

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